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— State zitto; la mangerei; — rispondeva Giacomino, il panattiere.
Insomma, tutto è bene quel che finisce bene. Tra il talento di attrice scoperto dalla sindachessa, l’effetto di una ricca abbigliatura che faceva morir d’invidia le ragazze del paese, e quello d’una bellezza innegabile che destava istinti d’antropofago perfino nel più interessato apostolo della nutrizione vegetale, il prologo andò a vele gonfie. Seguì ancora una suonata della banda, con assòlo di tromba a pistoni; chetato il quale, si ebbe una mandolinata delle tre Berti, tanto carine e meritamente applaudite, colla domanda del bis: domanda che fu tosto esaudita, ma variando il pezzo, secondo l’uso dei concertisti che si rispettano. Da capo, finito il terzetto delle mandoliniste, volle rumoreggiare la banda, con un centone di pezzi della Norma, dove non mancò la "Casta diva" nè il suo contrapposto del "Guerra, guerra". Quello era il momento buono per metter mano all’armi. Discese Filippo Ferri sul tavolato, e lo seguì Enrico Dal Ciotto. Terenzio Spazzòli,