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pure contentarmi. Rideva in sua vece il Cerinelli; oh, come rideva di gusto! Approfittai della ilarità generale, e avendo l’aria di sottrarmi alla gloria del trionfo, andai diritto sul Cerinelli, per dirgli a mezza voce, ma con piglio risoluto:
— Di che cosa ride, Lei?
— Del contadino, che è così buffo. La sua storia mi è piaciuta moltissimo, signor Morelli. Non si poteva con più garbo.... —
Lo lasciai solo a finir la sua frase. Ero cascato male; proprio sul più debole dei tre. Ma non è stata colpa mia, se quello era il più vicino ad Enrico Dal Ciotto, e se per il secondo mi è venuto sott’occhio. Per lui, frattanto, ho perduta l’occasione di guardar la faccia del Martorana.
La contessa Quarneri volle rimetterci tutti in carreggiata, facendomi le sue congratulazioni.
— Sapete ora, — soggiunse, dopo avermi lodato, — che cosa vogliamo da voi, Morelli?
— Comandate, signora.
— Un’ode, — ripigliò, — un’ode sul povero