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— Da bravo, raccontatela; — gridò la contessa Adriana, giubilando e battendo le palme.

— Padre Anacleto era giovane, — cominciai, — troppo giovane, aveva troppo ingegno, troppe fantasie per la testa, e troppo buon sangue nelle vene. Entrato nella vita monastica con pura e fervida fede, non ne aveva trovata altrettanta ne’ suoi compagni di clausura. Si biascicavano intorno a lui molte preghiere, a tutte le ore del giorno, ma senza pensarci, senza fermarsi ad intenderne il significato profondo, sonnecchiandoci su a mattutino, a vespro, a compieta, e non vegliando bene che in refettorio. Padre Anacleto si era rifugiato nello studio, nascondendo il suo intimo pensiero, dissimulando la sua nausea. Dotto di patristica, forte di sacra eloquenza, aveva anche veduto che tutta la dottrina era già concentrata nei quattro Evangelii, negli atti e nelle Epistole di san Paolo; nè più altro aveva voluto sapere, nè più d’altro fuoco scaldava le sue prediche. La religione di Cristo era per lui la religione del Verbo, e il Verbo era l’Amore. Ciò era nuovo, e a tutta