Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 135 — |
la sponda del rivo, si scende ancora un poco, dove l’acqua ritorna a mostrarsi arginata, Eccolo lì, il mio rifugio; passo davanti al mio arginello erboso e fiorito, ma senza guardarlo, per timore che gli occhi tradiscano le mie tenerezze.
— O Teocrito! — esclamo dentro di me. — Qui volevo venire, per leggerti. Pazienza, non è vero? pazienza per me. Quanto a te, vecchio Siracusano andato ad ammorbidirti fra le graziette Alessandrine, scommetto che se tu potessi uscir vivo e sano dalle pagine del tuo signor Teubner, vorresti essere al mio posto e filar qui un graziosissimo idilio. —
Frattanto la contessa ha trovato da sedere. E lì, proprio lì, si ferma sui due piedi, gridando:
— Ecco un buon posto. Non è forse il vostro, Morelli? —
Io non ho mai saputo mentire senza farmici rosso. E perchè ella mi guarda, ed io non voglio arrossire, rispondo:
— Sì, è questo per l’appunto.
— Bene; sediamoci dunque. E datemi il