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che Lelia Galla piaceva ad Orazio, e che per piacere in quel modo ad un uomo di buon naso come lui, bisognava essere un fior di donna, possedere il quid arcanum; una cosa che a noi sfugge, poichè egli non ha stimato prudente di dircela. Tradurrò certamente tutta l’ode, e resterà una memoria dell’Acqua Ascosa, come tante e tante altre che dormono nel cassetto dei ricordi: poveri ricordi, che qualche volta (inorridisco a dirlo) non mi ricordan più nulla.

È forse la Galatea Virgiliana? Appare anch’essa in due versi di Dameta, che fa agli strambotti con Menalca, come due capri farebbero a’ cozzi in un prato. Ricordando la scena del San Donato, si potrebbe tradurre così:

“Un pomo in su la testa
“Matta fanciulla, Galatea m’assesta;
“E se ne fugge via
“Fra i salci, ed ama esser veduta in pria.„

Gran birichina, quella Galatea di Dameta! ma anche piena d’ingegno e di grazia nel suo discorso. Infatti il daino continua: