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dubbio, che la strana forma del nostro primo incontro è quella che mi ha colpito, e non altra ragione, non altra. Questo è senza fallo uno dei caratteri dell’amore; ma non basta, e d’un solo fiore non si può tesser ghirlanda. Sento, o piuttosto riconosco, che la signorina Wilson sarebbe una buona compagna di passeggiate. Vado con lei di qua e di là; tutte le volte che c’incontriamo si riesce a fare insieme un’ora di cammino per forre o per balze, con Buci in avanguardia. Ride volentieri, ed ha il riso piacevole, comunicativo in sommo grado. Ha poi delle scappate che mi rallegrano, come raggi di sole che splendano d’improvviso sull’erba, passando tra il fogliame d’un bosco. Dice qualche volta, confessiamolo pure, delle cose che non rallegrano affatto, e a cui bisogna far bocca da ridere per non aver aria di gente permalosa. Ma ella stessa si affretta a spiegarle. “Ho detto per celia; che uomo è Lei, che va in collera?„

“Io, signorina? No davvero, non sono andato in collera affatto; quantunque, esser chiamato grasso e miope tutto d’un colpo„... “Ah, vede?