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guizzare un altro mondo d’erbe e d’animali, su d’un letto di ghiaia.
Quanti arcani della sua vita non ci dischiuse la natura, antica e sempre bella maestra di meraviglie! Ci fermavamo sulle ali d’una farfalla, o sui petali d’un fiore, come se avessimo l’eternità davanti a noi. Ma da quelle foglioline sottilmente venate, da que’ diafani tessuti che riflettevano tutti i colori dell’iride, ci volgevamo a guardarci negli occhi, a nutrirci di noi, come se dovesse esser quello l’ultimo istante della nostra vita felice.
Ella era poi amantissima delle arti belle, e, senza intendersi molto di precetti e di formole, che il più delle volte celano l’ignoranza e la povertà dei concetti, sentiva profondamente le ragioni del bello. Desideroso di piacerle, io avevo proposto di fare una gita artistica a Roma.
— Dev’esser bella, Roma, — le dicevo, —