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senza di voi, nella sconsolata solitudine della mia camera.

— Che debbo io dirvi? Non saprei... — balbettò ella con voce tremante.

Seguì un’altra pausa nel nostro colloquio. Ella era tornata al suo raccoglimento, si era richiusa da capo in sè stessa, come una sensitiva al subito contatto di una destra profana. Nè io, lì per lì, trovai parole a rappiccare il discorso. Scontento di me, non di lei, poichè la sua taciturnità chiaramente indicava un turbamento profondo, mi sentivo quanto lei, forse più di lei, a disagio.

Bene sapevo io quello che avrei fatto volentieri in quel punto. Mi sarei buttato ginocchioni a’ suoi piedi; avrei afferrate in un impeto di amorosa insania quelle candide mani di cui l’una si appoggiava al davanzale e l’altra ricadeva inerte sul fianco, e le avrei inondate di baci e di lagrime. Im-