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Parole non se ne facevano, o poche. Si andava innanzi, pieni di quella allegrezza che, profonda com’è, ama anzitutto il silenzio: si respirava con voluttà quell’aria tiepida e pura, si guardava con occhi rapiti quel limpido zaffiro dei cieli e quello smeraldo scintillante dei prati; salutando di passata le farfalle che aliavano, inseguendosi capricciose, tra i filari della vigna, o ascoltando macchinalmente il ronzìo degl’insetti, testimonianza d’una vita molteplice e possente, di gaudii e di amori, che rispondevano ai nostri. L’andare così, in simile compagnia, tra siffatti pensieri ed immagini, è un viver da senno; direi quasi che è un pregare, se è vero che sia preghiera ogni elevazione dello spirito all’intima, suprema ed eterna ragione delle cose.

Giungemmo, così pensosi, in vista della Castellana. Sorgeva il palazzo sul colmo di un poggio, alle cui falde s’inoltrava in dolce