Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 156 — |
mente aspersi d’incarnato, acquistavano un lume nuovo allo sguardo. Sotto quel fine involucro di rosa io vedevo scorrere la salute, e da quegli impercettibili meati, cui timidamente indicava il limpido madore onde li aveva spruzzati la verecondia commossa, mi veniva come un alito, una fragranza di voluttà. Esprimo a fatica il concetto; ma ognuno che abbia molto amato, e molto guardato da vicino, m’intende. Dirò, a farla breve, che io ne fui inebbriato, che il sangue mi rifluì d’improvviso alla testa, recandomi alle labbra i sensi gagliardi del cuore, affinati nella più acuta forma d’adorazione, che per l’appunto ha il nome di giaculatoria, nella pittoresca energia del linguaggio di chiesa.
— Come siete bella! — le dissi, a voce sommessa, ma con una intensità di accento, che per fermo la scosse nel più profondo dell’anima.