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giunsero, amanti sempre, ad una tarda vecchiaia. Nè a ciò si ristrinsero le grazie di Giove. Un bel dì, mentre stavano per l’appunto, come noi qui, davanti alla soglia del loro modesto abituro, ricordando i celesti favori, si avvidero di una gran metamorfosi che si operava in esso loro. Filémone doventava una quercia; Bauci si trasformava in un tiglio. Intesero che quello era il fine aspettato, si diedero l’ultimo abbraccio, e il giorno seguente vide i due alberi intrecciare i rami amorosi davanti all’ingresso della capanna, tramutata in un tempio.
— Sempre insieme! — notò ella, ammirata. — Il vostro Filémone doveva essere d’una costanza in amore, che gli uomini non hanno imitato da poi.
— Scusate; e Bauci punto civetta.
— Ah, credete proprio che sia la civetteria delle donne quella che spegne l’amore nel petto degli uomini?