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sentii la trafittura di un’altra spina nel cuore: m’imbronciai da capo e non ci fu più verso di riappiccare il discorso.

Così rimanemmo taciturni un bel pezzo. Il treno correva, ma non così rapido com’io lo volevo. Era quello un martirio che doveva aver fine. Mi sentivo schiattar dalla rabbia. Infatti, nel mio cruccio interno ci aveva molta parte l’amore, nato lì per lì, tra il desiderio e la galanteria; ma più ce ne aveva la vanità offesa. Vanità, baco dell’anima, che ci fa essere tanto noiosi alla gente!

Cavai l’orario di tasca, per riscontrarci la via che percorreva il convoglio; indi guardai l’oriuolo. Ecco, dicevo tra me, se la vaporiera non è in ritardo, saremo alla fermata tra dieci minuti. E questi, s’intende, mi parevano i più lunghi. Tornavo a guardare l’orario; tornavo a guardar l’oriuolo. La mia