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stra licenza. Del resto, siamo sacri alla patria. Se foste un nemico.... un genovese....

— Ah! con quelli là ti sentiresti proprio di combattere? — domandò il Picchiasodo, con piglio sarcastico.

— Ma, sicuramente! — rispose il Sangonetto, facendo l’uomo a sua posta.

— Ci ho gusto, perbacco! — disse a lui di rimando il vecchio soldato. — Han da tremare, povera gente, quando ti vedranno in prima fila, colla tua cerbottana da passeri! —

Volea replicare, il prode Sangonetto; ma sì, a farne la prova! Quel maledetto vecchio lo guardava con certi occhi da spiritato!

Così perdette la ciarla Tommaso Sangonetto, come il Picchiasodo avea perso l’occasione di misurarsi con lui. Frattanto i due avversarii, che già stavano colle spade sguainate, si fecero in mezzo dell’aia, pronti a impegnare il combattimento.

Giacomo Pico ne aveva una voglia spasimata. Così almeno mostravano gli atti impazienti e le contrazioni del volto. Messer Pietro era a gran pezza più calmo, e la faccia atteggiata al sorriso dinotava, non pure il disprezzo del pericolo, ma eziandio la certezza della vittoria. E la pugna in sè stessa e l’occasione dond’era venuta, parevano cosa da scherzo per lui. Certo il valentuomo s’era trovato più volte a simili scontri, fors’anco a più gravi, e quello doveva parergli la cosa più naturale dal mondo.

Incrociarono le spade. Ma era scritto lassù che il combattimento non dovesse aver principio così presto.

Un grido li rattenne in quel punto e li costrinse