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E così dicendo, si tolse di dosso la sua cappa di scarlatto verde, foderata di vaio, e la gittò sulla sella del suo palafreno.
Giacomo Pico, a sua volta, si tolse la cappa di bigello, e rimase, come il suo avversario, in farsetto.
E già erano, per tacito accordo, intesi a pigliar campo e metter mano alle spade, allorquando il Picchiasodo entrò a dire la sua.
— Un momento, messeri, di grazia! —
I due avversarii si fermarono a tempo, e stettero guardando il vecchio soldato, aspettando che volesse parlare.
Ma il Picchiasodo non aveva da fare un lungo discorso.
— Come si combatte? — dimandò egli brevemente, ma con un certo sussiego.
— O come? — ripiccò messer Pietro. — Che novità è questa tua? Si combatte con questa, e chi ne assaggia un palmo rimane sul terreno.
— Un palmo! grazie tante! — mormorò il Sangonetto tra sè.
— Certo, — proseguiva messer Pietro, — se fossimo in campo chiuso, con giudici e testimoni, il vincitore avrebbe le spoglie, e si potrebbe anco stabilire il riscatto del vinto; Ma qui non siamo nel caso; ci si ricambia quattro colpi alla svelta e chi l’ha tocche son sue.
— Così l’intendo ancor io, con vostra licenza, messer Pietro, — replicò il Picchiasodo. — Ma scusate, io volevo domandare se di questo sollazzo non ce n’ha ad esser per tutti. In quattro ci siamo incontrati; ora, dico io, in quattro si avrebbe a combattere. —
Il Sangonetto fece a quelle parole una smorfia.