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Savona, città vicine, città marinare, che un tempo rodevano il freno come noi, tiravano il carro simbolico come noi, e più avvedute, più audaci e per conseguenza più fortunate di noi, hanno rotto il freno, e piantato il carro in mezzo alla strada. Son liberi, i nostri compagni di servitù; fanno essi le leggi loro, provvedono di per sè ai loro bisogni; soli noi la duriamo con questo ignobil giogo sul collo. E sia pure, dacchè non si ardisce di scuoterlo; ma perchè ci scalderemmo il sangue? perchè ci metteremmo noi ad ogni sbaraglio, per chi ci vuol servi? perchè faremmo nostri i suoi litigi con questo quello de’ suoi particolari nemici? —

Il Bardineto era stato ad udirlo con molta attenzione. E come Tommaso ebbe finito, così prese a rispondergli:

— Sai che t’ho a dire?

— Di’ su!

— Che quando si pensa come tu pensi, e’ bisogna far altro da quel che tu fai. La si rompe col suo signore e si muove a tumulto il popolo contro di lui; ma non si aspetta che egli abbia guerra con altri, per venir meno al debito di vassalli verso di lui, di cittadini verso la patria.

— Gli è questo un sentire nobilmente, — replicò il Sangonetto con piglio sarcastico, — e il tuo signore e nimico te ne ricambia a misura di carbone, facendoti trar calci all’aria, penzoloni dai merli della torre più alta del suo castello, che tu non hai potuto pigliare d’assalto. La non m’entra, sai, la non m’entra, questa tua nobilissima temerità, e preferisco il mio prudente consiglio. Di nulla io mi tengo debitore ai nostri padroni; taglia e prestazione, tributo di borsa e tributo