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gliati? che un marito, od un padre, sia l’ultimo ad avvedersi, ed anco non si avveda mai più, concedo; ma gli altri... eh, via! dovrebbero esser ciechi dalla nascita. Come se, alla tua età, il non cercar donna alcuna tra le tue pari, il fuggire ogni occasione di sollazzo, lo starti poi sempre ristretto ai fianchi di quella gente lassù (c’intendiamo!), non fossero già segni bastanti! Ah, vedi? chini la fronte; capisci anche tu che tutto il paese ha fumo delle tue ambizioni?

— Tutto il paese! — ripetè Giacomo Pico sgomentito. — E adesso....

— E adesso... lo so anch’io; siamo in un ronco, e la è dura di dover dare indietro, al cospetto di tutti. Ma infine, non sarai tu il primo a cui è capitato il somigliante. Papi e imperatori, principi e capitani ti offre la storia in buon dato, che hanno dovuto, un giorno della lor vita, appender la voglia all’arpione. E non si son mica guastati il sangue per così poco; hanno aspettato la volta loro, ed hanno messa a più certo segno la mira. Impara anche tu; lascia di trarre in arcata e lontano; mira da vicino e traggi di punto in bianco; è buon colpo. Fa a modo mio, Giacomo, e non avrai sopraccapi. Sai donde vengo? Da caccia, ti dirà l’archibugio; ma, in fede mia, non ho tirato nemmanco a uno scricciolo. Vengo dalla Nena di Verezzi. Ma già, tu non la conosci, ed hai torto. Una forosetta, un bel tocco di donna, che non ha la compagna in tutto il marchesato, e cui non piace la sputi. Ruvida di modi, non nego, e manesca anzi che no; gli è il suo diletto. Le ho fatto una carezza e m’ha reso un urtone; son caduto ad arte, ella su me e siamo ruz-