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— Come? e che altro hanno ad essere?
— Due pezzi grossi, vi dico io. Cioè, no, dico male; uno grosso soltanto di corporatura, e gli ha da essere lo scudiere, o alcun che di somigliante; ma l’altro....
— L’altro?
— Eh, un uomo per la quale, che è aspettato dal Marchese e gli farà molto piacere il vederlo capitare al castello.
— Non genovese? — ripicchiò il Bardineto, stringendosi nelle spalle.
— Non genovese; piemontese.
— Capitano di ventura?
— Altro ci è; signore di terre e castella. Ma scusatemi, messer Giacomino; e’ son qua che scendono le scale. —
E senza aspettar altro, l’ostiere si mosse, per andare incontro a’ suoi ospiti.
IL Bardineto, rimasto solo in cucina, si accostò alla finestra, che dava sull’aia, ov’erano già i due cavalli, tenuti per le redini dal Maso, e vide poco stante i due forastieri che salivano in arcione.
Uno, il più vecchio e il più tarchiato, gli parve per l’appunto uno scudiere, o un famiglio. L’altro, era un bell’uomo tra i trenta e i quaranta, biondo di capegli, dal volto un po’ arsiccio, ma bianco di carnagione, di leggiadre fattezze e di nobilissimo aspetto. Anche a non voler badare alla sua cappa di scarlatto verde foderata di vaio e al suo cavallo palafreno, la cui gualdrappa e gli altri arnesi erano filettati d’argento, si capiva ch’egli era un uomo di grande affare, e che mastro Bernardo aveva ragione a notare in lui un’ariona da principe.