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con aria di chi sa e vuol lasciarsi scorgere; — il nostro magnifico Marchese li aspetterà.

— Se li aspetterà! Lo credo io! Sono annunciati certamente da due ore. Io era appunto in volta verso Calvisio,... A mala pena arrivato stanotte!...

— A proposito, siete stato in viaggio....

— E lungo; e ho avuto appena il tempo di far la mia relazione al Marchese, ch’egli mi ha mandato fino a Pia per vedere la nuova compagnia di balestrieri che ha presa in condotta testè. Ero salito a Calvisio per dare un’occhiata alla guardia; torno al passo della fiumana e mi dicono che due cavalieri sono discesi verso Castelfranco, avviati pel Borgo. Mi metto sulle loro pedate e non li trovo; alla porta di San Biagio nessuno li ha visti. Rifò la strada, piglio lingua, e sento che si erano fermati all’Altino. Che è ciò? A due passi dal borgo, perchè smontano essi da te?

— Eh, l’ho detto ancor io; perchè smontare da me? Ma che volete, messer Giacomino? Avran veduto l’insegna: Fermatavi all’Altino, c’è buona l’accoglienza e meglio il vino. E l’han trovato buono, credetemi, quantunque non l’abbiate mai assaggiato. Dopo tutto, o che? dovevano presentarsi al castello a stomaco digiuno, come due pellegrini affamati?

— Che uomini sono? — dimandò il Bardineto, per metter fine a quella intemerata dell’oste.

— Non lo indovinate?

— Eh, forse; due genovesi, dei soliti, che vengono qua, sotto colore d’ambasceria, per curiosare, scoprir terreno e macchinar tradimenti in casa nostra.

— Che! — sclamò mastro Bernardo, facendo le cocche colle dita, — Più su sta monna Luna!