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se stesse in forse, meditando la profondità dell’osservazione. L’amore per la sua povera bombarda gli diede il tracollo.
— Tu hai colpito nel punto, — gridò, — ed ecco una osservazione che ti salva la vita. A te! ami quest’uomo? — gli chiese, additandogli il Sangonetto.
— Come il fumo negli occhi! — rispose il Maso. — È un traditore del mio paese; faceva l’occhiolino ad una certa persona che è sempre piaciuta a me; ha fatto, come sento or ora, un’azionaccia... Come volete che io l’ami?
— Ti sentiresti di fartela con lui?
— Perdio! — sclamò il Maso. — Ve lo infilzo come un tordo allo spiedo.
— Sta bene, hai qui la mia spada. Tienla per amor mio, te la regalo. E tu, mascalzone, — proseguì il Campora, contento di aver trovato una via così spiccia, — levati di qua; vattene al Borgo, se ti ricevono, e se questo giovinotto ti consentirà di arrivarci! —
Il Sangonetto cadeva, come suol dirsi, dalla padella nella brace.
— Messere, — balbettò egli, con voce piagnolosa, — chiudetemi in una prigione per tutta la vita, vi supplico...
— No, — rispose il Picchiasodo, — mi faresti scoppiar la prigione dalla vergogna. Va via! Fategli largo, voi altri! E tu, piglialo, da bravo!
— Ammazza! ammazza! — gridarono in coro i soldati, vedendo il Sangonetto che batteva il tacco verso la china.
— Non dubitate, — gridò il Maso, correndogli sull’orme, — è un uomo morto. —