Pagina:Barrili - Castel Gavone.djvu/312


— 301 —

— Sotto! sotto! pigliatelo vivo! — gridò Giovanni di Trezzo. — Vo’ farlo impiccare per la gola, questo furfante, che s’ostina a resistere dove comanda la repubblica genovese.

— No, perdio, non comanda la repubblica! — rispose fieramente mastro Bernardo. — Comando io, qui; difendo due donne dai vostri tentativi ribaldi. —

E seguitava a menar colpi a tondo, per tenere in rispetto gli assalitori. La lotta, per altro, era troppo disuguale e non poteva durare più molto.

Madonna Nicolosina si fece innanzi e trattenne il braccio del suo furibondo campione.

— Smettete, vi prego; — diss’ella, — Colui che ha parlato è di sicuro il comandante di questi soldati. Egli non vorrà certo recare offesa a due donne.

— Ben dite, mia nobil signora; — fu pronto a rispondere Don Giovanni di Trezzo. — Dove noi comandiamo, degli insultatori di donne si sogliono caricar le bombarde.

— Ah, sì? Vediamo dunque la prova! — entrò a dire mastro Bernardo. — Cercate pel castello il vostro amico e aiutante Tommaso Sangonetto, che in qualche buco si sarà pure ficcato, e fategli fare questa piacevolezza, che l’ha meritata davvero.

— Che dici tu ora?

— Dico, messere, che mentre voi facevate il vostro mestier di soldato a pianterreno, il vostro aiutante è salito quassù a ruba di donne, e già aveva ardito di mettere le sue sconcie mani sulla figliuola del nostro marchese, sulla illustrissima contessa di Osasco.

— Se la cosa sta come tu la racconti, — disse Giovanni di Trezzo, — sarà fatta giustizia.