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senza aver fatto i conti con Cerbero. Il quale avventatosi alla gola di Piritoo, lo strangolò senza misericordia, dando tempo a Plutone di mettersi in arme e di far prigione il compare, che fu, anni dopo, liberato a stento da Ercole.

Ognun vede che questi non sono riscontri da farsi con Tommaso Sangonetto e con Giacomo Pico. L’antichità riverente ci ha fatto due eroi di Teseo e di Piritoo, forse perdonando, in ricompensa di più nobili imprese, queste ed altre loro scappatelle di gioventù; laddove i nostri due sozi, non che di lode, non sono pur degni di scusa. Epperò si ha da credere, se non c’è sotto un qualche artifizio acconcio a predisporre l’animo dei lettori, che i nomi de’ due antichissimi eroi siano tirati in ballo per mostrare in che razza di dottrina è ferrato a diaccio l’autore di questo racconto, oramai presso al suo termine.

E per non indugiarci più oltre, facciamo ritorno alle due donne, rimaste così sbigottite al primo indizio della scalata e dello spandersi dei nemici entro le mura del castello Gavone. Vedremo più tardi Don Giovanni di Trezzo e sapremo che diavol fosse quell’altro tafferuglio che lo faceva accorrere con tanta fretta verso le scale.

Madonna Nicolosina, fortemente turbata, era corsa a rifugio nella cameretta di Gilda. Modesta e linda cameretta, già così lieta dimora di colei che chiamavano la più bella ragazza del Finaro, dopo la figliuola del marchese, che era per le grazie della persona e per l’altezza dei natali celebrata bellissima! Pochi e semplici in quel breve spazio gli arredi; un forziere di noce intagliato a rabeschi, nel quale la fanciulla