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La discesa fu agevole e sicura fino a due terzi dello spazio che gli bisognava percorrere. Ma giunto a poca distanza da terra, o perchè uno di que’ pannilini non fosse saldamente annodato, o perchè la bontà del tessuto non soccorresse, la fune si ruppe, e il marchese Galeotto percosse delle membra sui sassi, lacerandosi le piante, il petto e le braccia, con cui aveva tentato di schermirsi nel buio.

Madonna Bannina, che si era fatta al davanzale per cogliere l’ultimo saluto del fuggente, udì in quella vece il tonfo ed un gemito.

— Vergine santa! egli si è ferito! — gridò la nobil donna raccapricciando. — Antonio, per carità, soccorretelo; andate con lui. Io già non ho mestieri di nulla; — soggiunse, come per indurlo più facilmente a quel passo. — I nemici verranno; che importa oramai? Sono una povera vecchia e non ho niente a temere per me. Andate, Antonio, vi supplico; egli ha bisogno d’aiuto.

Il giovine, che l’aveva intesa alle prime, s’inchinò senza dir verbo, e d’un salto fu sul davanzale. Poco stante, facendo gran forza di braccia, si calò fino all’ultimo lembo del suo aereo sostegno.

— Messere, — dimandò egli a bassa voce, — ove siete?

— Son qua, buon Antonio. Hai voluto scendere anche tu? Pon’ mente; s’è strappata la fune.

— Lo so. A che altezza da terra?

— Cinque, o sei braccia, mi pare. Ma bada a te; non ti gittar troppo in fuori, che potresti ruzzolare dai greppi.

— Non dubitate; conosco il terreno. —