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E ad alta voce soggiunse:
— No, magnifici messeri; ci sono alcuni passi, ma da non farne conto; buoni per menare al pascolo le capre, e nient’altro.
— Male! — sclamò il Picchiasodo, battendo le labbra. — Strade ci vogliono, mastro Bernardo; strade ci vogliono, perchè la gente a modo non abbia a scavezzarsi il collo.
— Le strade larghe tirano i nemici in casa, — sentenziò l’ostiere, temperando l’agro dell’osservazione con un suo riso melenso.
— E la strette non invitano gli amici; — replicò il più giovine e il meno loquace dei due forastieri. — Per ventura nostra, abbiam fatto il giro più lungo, a venir qua, ed abbiamo azzeccato una strada da amici.
— Amici! Beato chi ne ha!
— E ne ha sempre chi merita. Ne ha, verbigrazia, in buon dato il tuo magnifico marchese, messer Galeotto, che è un cortese e liberal cavaliere.
— Dite anche giusto ed umano, — soggiunse mastro Bernardo con impeto, — che in tutta la nobilissima stirpe dei signori Del Carretto non è il più leale, il più degno dell’amore e della venerazione del popolo.
— Tu lo ami molto, a quel che pare.
— Messere, che dirvi? Siam povera gente e si conta nulla; ma se bisognasse buttarci nel fuoco per lui....
E mastro Bernardo fece l’atto di dar la capata.
— Qualche volta riesce un po’ duro di pagare la taglia; — notò il Maso, che si rodeva da un pezzo di non poter dire la sua.
— Che c’entri tu, mascalzone? Ti paion cose da dirsi, coteste?