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Picchiasodo fu il primo a vederlo,

— Degno ostiere! — gridò egli, tirando dentro una gamba, che tenea cavalcioni sul muricciuolo. — Tu hai fatto le cose alla spiccia.

— Magnifici messeri, — disse Bernardo inchinandosi, nell’atto di deporre il vassoio in mezzo alla tavola, — temevo non aveste a spazientirvi e a prendere in uggia l’Altino....

— In uggia? che diavol dici? in uggia questo paradiso terrestre? Io ci ho succhiato una dozzina di olive indolcite, e stavo per isfogliarci un carciofo, davanti a questa bella veduta.

— Un po’ chiusa.... — notò timidamente l’ostiere.

— Tu sei modesto, mio caro.... A proposito, il tuo nome?

— Bernardo, ai vostri comandi.

— Diciamo dunque mastro Bernardo. Ora, vedi (e frattanto Picchiasodo con certi colpi di trinciante, che non erano da scalco, faceva a spicchi il pollo infilzato nel forchettone, per darne il meglio a messer Pietro), a me piacciono quei monti, che chiudono la vista.... quei monti che calano addosso al paese, come falconi sulla preda.

— Ci sarà una strada; — entrò a dire con piglio di mezza domanda il compagno.

— Una strada? sicuro; — rispose l’ostiere; — quella che voi facevate, messeri.

— Eh, quella, si sa; ma un’altra su quella costiera, o qui, dall’altra banda.... Queste montagne non saran mica inaccessibili.

— Occhio alla pentola, Bernardo! — disse l’ostiere tra sè. — Son genovesi, costoro, o ch’io non so più a quanti dì è san Biagio.