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— Ah, meglio così! — soggiunse questi rabbonito, — Dicevamo dunque... cioè, no, ero per dirvi che sono molto contento di vedervi in buona salute. Me lo dice il vostro naso, che è sempre di un amabil colore. A voi certo piace il vin buono. Ma sedete, perdinci; quella è la panca; e adesso si metterà il becco in molle, perchè un mondo di cose, come ci avete da dirmene, si sa, non lo si snocciola così su due piedi e a labbro asciutto, come una mezza serqua di paternostri. —
E intanto che andava alla parete per un fiasco, Anselmo Campora borbottava tra sè:
— To’, to’! Quest’oggi mi capita qua mezza osteria dell’Altino. Che vuol dir ciò? —
Il Sangonetto accettò il bicchiere che gli veniva profferto, e dopo averne bevuto un sorso per cortesia, due altri per farsi coraggio, così prese a incignare l’argomento:
— Giorni or sono avete ricevuto una lettera?... —
Il Picchiasodo, che stava allora per bere a sua volta, si trattenne, col bicchiere a mezza strada, e guardò il suo ospite con aria che voleva dirgli: tirate innanzi, risponderò poi.
— E nell’estate scorsa — proseguì il Sangonetto, — il vostro capitano generale non ne ha ricavato un’altra, con utili notizie e consigli, che ha incontanente seguiti?
— Ah, ah! — sclamò il Picchiasodo. — Eravate voi? Già, ci si vedeva la mano di un chierico! —
Chierico dicevasi anticamente per uomo dotto, come laico per uomo ignorante. E i lettori rammentano di certo che all’osteria dell’Altino il Picchiasodo avea