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tre mesi, e sulla elezione a doge del fratello di lui Ludovico, generalmente creduto meno avverso ai Carretti. Ora di che tempra fosse Ludovico Fregoso e che potesse Galeotto aspettarsene, sarà manifesto tra breve.
Torno intanto al Maso, che questi discorsi m’han fatto lasciare in compagnia di messer Antonello da Montefalco, mentre avrei dovuto già raccontare com’egli cambiasse di bel nuovo padrone, e questa volta senza molto suo gusto.
Ciò avvenne una mattina sullo scorcio di dicembre. Alcuni drappelli di finarini erano usciti dalla porta di San Biagio a foraggiare nella campagna di Pertica; dappoichè, non solamente difettavano le vettovaglie pei combattenti, ma eziandio la paglia e lo strame per quella moltitudine di cavalli che il marchese Galeotto aveva radunati nel Borgo.
Messere Antonello da Montefalco guidava egli stesso quella importante fazione. Epperò non ci mancava la persona del Maso, che si vedeva marciare di costa al cavallo del capitano, colla sua balestra manesca in ispalla.
Al Fregoso queste continue sortite degli assediati davano una molestia incredibile e direi quasi superiore alla loro importanza. In fondo in fondo, non recavano molto sollievo alla terra, che troppo aveva serrati addosso i nemici; senonchè, per questa medesima angustia del teatro della guerra, mettevano ogni volta a risico una parte dell’esercito assediante, che era su tutti i punti costretto ad una ugual vigilanza, e doveva, nella persona del suo comandante, viver sempre in sospetto.