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furia sul luogo e tolte in iscambio d’un drappello a rinforzo, non avessero tratto i mal capitati cavalieri dalle ugne dei nemici. Anche le donne combattevano, od altrimenti uscivano fuori per dare una mano ai mariti. Madonna Bannina, la vecchia marchesana, in quella che pietosamente si recava a soccorrere i caduti, era stata colta da un verrettone sopra il ginocchio; la qual ferita, perchè non potuta rammarginare, fu cagione più tardi che la nobil donna morisse.

Queste prove di fortezza non erano soverchie. Il Finaro reggeva a stento e pativa difetto d’ogni cosa. Ancora una speranza restava; ed era che i francesi, per quel tempo signori del Piemonte, venissero da senno in aiuto al marchese. Del balivo di Trasnay, che non si era fatto avanti, ho già raccontato a suo luogo.

Aggiungerò che, andato a Cherasco il magnifico marchese Spinetta del Carretto ed esposta la domanda del cugino all’illustrissimo signor duca d’Orleans, n’ebbe licenza di pigliarsi Bonifazio Castagnola, eccellente capitano ai servigi di Francia, il quale oziava allora in aspetto, con gran numero di cavalli, a San Michele di Ceva.

L’aiuto era grande, e, col rinforzo di parecchie compagnie di fanti levate da Millesimo e da altre castella del parentado, poteva riuscir pari al bisogno, Senonchè, il punto difficile era quello di penetrare nel marchesato, rompendo la cerchia fortificata dell’esercito assediante. Il Castagnola sperò di venirne a capo, facendo massa su Carcare; la qual cosa avrebbe persuaso ai nemici, che certamente stavano alle vedette, di andargli a contendere il passo per la via di San Giacomo, mentre egli con una marcia sforzata si sarebbe