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E cotesto gli venne fatto di colta, poichè i genovesi non erano ancora in numero bastante lassù, nè avevano avuto modo di rafforzarvisi, con una delle solite bastite. È per altro da dirsi che non patissero troppo di quella perdita, poichè dagli abbandonati gioghi di Gorra e di Gottafrigia dilagavano facilmente a Giustenice, luogo assai più occidentale di Gorra, da essi posseduto ab antico e recentemente da essi accennato come appiglio di guerra nelle loro ambascierie al Finaro.
Accorse a difendere la rocca di Giustenice l’animoso Giovanni, fratello di Galeotto, con centocinquanta finarini. Erano seco lui, Giacomo, figliuol di Oddonino, e l’Antonio, che abbiamo già veduto rendere Castelfranco. I lettori superstiziosi avranno per malaugurio a Giustenice la presenza di questo cavaliere sventurato. Difatti, poco resse il luogo agli assalti, e dopo tre giorni di combattimenti continui, in uno de’ quali morì d’un colpo di balestra Beltramino da Riva, condottiero di lancie nell’esercito dei genovesi, questi penetrarono nella terra, e per una via coperta, che la repubblica aveva fatta ne’ primi tempi del suo dominio colà, si avvicinarono tanto al castello, da atterrarne impunemente il primo muro di cinta. Ne trovarono per altro un secondo, di più recente costruzione, più saldo e più acconcio a difendere; laonde messer Pietro, per non aversi a trattenere di soverchio davanti a quella bicocca, comandò di far inoltrare un paio di bombarde.
E qui si fece onore, come potete immaginarvi, il nostro Picchiasodo. Uno solo de’ suoi colpi, mandando in rovina un pezzo di volta, uccise nel castello quattordici uomini e parecchi altri ne ferì sconciamente.