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vittima, dicendo, che, a mala pena finita la guerra e pagato il suo debito di vassallo al marchese, avrebbe chiesto commiato da esso lui e la donna amata lo avrebbe seguito in altra terra, probabilmente in Francia, ove di certo si sarebbe mutata la sua sorte. Il Sanseverino e gli altri cavalieri francesi, lo avevano anzi stimolato a quel viaggio, facendogli sicuro il favore e una lauta provvigione del re.

Le nozze di madonna Nicolosina furono splendide per isfoggio della corte e per lieto concorso di popolo. Quanti fiori e fronde aveano cansato negli orti e nei campi il cieco furore dell’esercito nemico, tanti furono spiccati quel dì per mettere le fiorite in tutte le vie donde aveva a passare la bellissima coppia. Veramente fu un giorno di sole, pari a quelli che rinnovano l’aspetto della natura, dopo parecchi altri di pioggia.

Ma i giorni si seguono e pur troppo non si rassomigliano l’un l’altro. Il marchese Galeotto a cui le allegrezze domestiche non facevano uscir di mente le cure più gravi de’ suoi minacciati dominii, aveva mandato esploratori in gran numero e per diversi sentieri, che codiassero il nemico e gli dessero lume delle sue intenzioni, se veramente erano di desistenza, com’egli credeva. Ora, il giorno dopo la festa, alcuni di quei messaggieri gli aveano rapportato che l’esercito genovese, scambio di proseguir cammino su Noli e Spotorno, per rifarsi al campo di Vado o sciogliersi colà dove si era formato, piegava su in alto per Magnone e per Vezzi, castello murato sulle falde dell’Appennino, e signoreggiato da un Ansaldo Cicala, cavalier genovese; donde, inoltrandosi per quegli alpestri