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messe del re. Che si voleva di più? Non ti par egli che io dovessi credere la mia sorte assicurata? Ma no. Si tratta ora di raccogliere i frutti della mia ambasceria, di mandare una persona fidata incontro al balìvo di Tresnay. Chi dovrebbe andarci, se non io? Chi ha da compier l’opera, se non chi l’ha cominciata? Ed eccoti in cambio il cherubino, capitato tardi, ma sempre a tempo per vogarti sul remo. Abbia lui la fanciulla meritata da Giacomo Pico; vada lui frattanto per quel negozio che doveva toccare al Sangonetto. Già, vedi carità pelosa! Sangonetto sarà stanco d’ambascierie, il poverino; mandiamo questo bel chiavacuori in sua vece, ed egli invece abbia l’onore di seguire all’impresa di Noli quel pazzo da catena d’un marchese Galeotto, che va a cercare il male come i medici; si buschi un verrettone, o una piombata sul nomine patris, quel caro Tommaso; se no, povero a lui, lo fa colla voglia. Accidenti alla compassione!
— Va; — disse il Bardineto, masticando la stizza; — il tuo ladro è il mio; fo due vendette in un colpo.
— In che modo?
— È il mio segreto; lascia fare e vedrai. —
Ora il segreto di Giacomo Pico era di correr dietro al Cascherano e di freddarlo senz’altro. Questo egli aveva pensato, a mala pena lo stratagemma di madonna Nicolosina era venuto a guastargli il suo primo disegno. Senonchè, per mandare ad effetto quest’altro, gli bisognava allontanarsi con qualche pretesto dal marchese Galeotto e trovare, subito dopo, un cavallo. Ma anco a pescare la scusa per non accompagnarsi col marchese Galeotto e la cavalcatura per andar difilato sulla via di Melogno, che avea presa