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sciarlo proseguire. Un sentimento di verecondia la rattenne.

— No, ve ne prego, messere; — rispose ella nobilmente. — E vi dirò cosa, a mia volta, che parrà imitata dalle vostre parole di poco fa; — soggiunse poscia, con un certo sorriso leggiadramente malizioso; — o voi siete il conte d’Osasco, o ch’io vi ho già troppo ascoltato.

— Lo sono; — diss’egli, arrossendo al pari di lei in quel punto; — e come lo avete voi indovinato? —

Ingenua domanda! E come gli uomini più accorti, messi al cospetto d’una semplice donna, tornano spesso fanciulli! Nicolosina avrebbe potuto rispondergli che, ottocento sessant’anni prima di lei, un’altra donna, la bella figliuola del duca di Baviera, aveva riconosciuto Autari, il re dei Longobardi, tra que’ medesimi ambasciatori che egli mandava a chiederla in moglie; questo argomentando dal fatto, che il mentito messaggiero aveva osato stringerle la mano, mentre ella gli profferiva la coppa ospitale. Chi altri, se non il suo futuro sposo, avrebbe ardito diportarsi seco lei in quel modo?

Nicolosina non gli rispose colla storia alla mano, che a dir vero non l’aveva presente. Per altro, come era simile il caso, doveva riuscire simigliante il concetto.

— Chi altri, — domandò ella per contro, — chi altri, se non il conte di Osasco m’avrebbe parlato in tal guisa? Ma dite, messere, come siete voi qui? Non avete ricevuto la lettera che v’ha mandata mio padre?

— L’ho avuta; — rispose egli inchinandosi, — ma potevo io accettare la libertà che il marchese Ga-