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dervi cosa che troppo mi preme, ed una vostra umana risposta mi è necessaria. Infine.... ecco lo stato dell’anima mia. O voi siete madonna Nicolosina del Carretto, o ch’io sono il più sventurato degli uomini. —

Queste parole furono dette con tanto candore e insieme con tanta foga giovanile, che ella aperse, in uno scoppio d’ilarità involontaria, le labbra e mostrò le trentadue perle orientali, legate nel solito corallo da quei gioiellieri bizzarri, che sono sempre stati i romanzieri e i poeti. Rise, a farla più spiccia; e in verità, a quelle parole, e dette a quel modo, non potea dicevolmente far altro che ridere.

Lo scoppio, dopo tutto, fu breve, come si conveniva a costumata fanciulla, e si tramutò in un sorriso benevolo, come portava la gentilezza dell’indole sua, e come richiedeva quell’aria malinconica, ond’era impresso il volto del giovane forastiero.

— Sì, diffatti. — rispose ella, chetandosi, — mi chiamo Nicolosina del Carretto. E in che poss’io tornarvi utile, messere?

— Ah, basta, se forse non ho detto già troppo; — ripigliò il cavaliere arrossendo. — Grazie, madonna; grazie! A me non resta che di andare da vostro padre, dal magnifico marchese del Finaro.

— Egli non è qui, ora; — soggiunse Nicolosina; — ma poco indugierà a ritornare. Siate il benvenuto tra noi. Nella gran sala troverete alcuno dei gentiluomini della sua corte, che vi farà compagnia. —

Così dicendo, gli additava la porta dond’ella era uscita pur dianzi.

Ma il giovine non si muoveva. Si sarebbe detto, a vederlo, che il pavimento sotto di lui fosse tutto una