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— Ah, ah! — sclamò ella, ridendo del suo riso argentino. — Per la prima volta, messer Giacomo, vi vedo un po’ di buon sangue sul volto. Ma sedete, vi prego; non vi scomodate per me.

— Non è più tempo di star seduti, madonna Nicolosina; — diss’egli sospirando. — Tutti i giorni si combatte, laggiù, ed io sono stato già troppo in disparte.

— Ma per giusta cagione, mi sembra; e con vostra buona pace, rimarrete ancora per qualche giorno tranquillo, messer paladino! — incalzò la fanciulla, con accento d’affettuoso rimprovero. — Il cerusico Rambaldo lo vuole e lo vogliamo anche noi, che non aveste a far ricadute!

— Che serve, madonna? — ripigliò Giacomo Pico, crollando malinconicamente la testa. — Sono un povero disgraziato a cui forse metterebbe più conto il morire.

— E perchè? — dimandò ella ansiosa. — Forse alcuna cosa vi manca, per viver felice tra noi? Parlate, messer Giacomo, parlate! Lo sapete pure, come qui tutti vi amano.

— Tutti! — ripetè egli, sorridendo a fior di labbro.

— Sì, tutti; ne dubitate? — replicò la giovinetta, rizzando il capo, con alto di leggiadra alterezza. — Sappiamo il debito nostro. Mio padre non è debitore a voi della vita? E quanti hanno vita e stato da lui, non vi sono obbligati del pari?

— Ah, non è di ciò che intendo parlare; — disse Giacomo Pico. — Non vo’ che mi si ami per gratitudine, io!

— Oh tristo! — sclamò Nicolosina, con accento di lieve corruccio. — E non è un nobile sentimento forse?