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acconcio di tornare al castello Gavone e a quella camera alta, che è nella torre dell’Alfiere.
Le notizie raccattate da Tommaso Sangonetto intorno alla faccenda del Cascherano, erano più acconcie a mettere in pace, che non a turbare lo spirito inquieto di Giacomo Pico. Quel giorno incominciava bene per lui; il marchese Galeotto si disponeva a partire per alla volta di Verzi, donde, col favor della notte, per la via meno battuta d’Isasco, sarebbe piombato su Noli. Però non è a dire il rimescolamento che c’era nel castello per tutti gli apparecchi della partenza, e lo scompiglio che esso arrecava in tutte le consuetudini quotidiane della famiglia. Basti notare che madonna Bannina, tutta intorno al marito, non era comparsa nella torre dell’Alfiere, e madonna Nicolosina vi andò sola, ad una cert’ora del giorno, per salutare l’amico di casa e vedere se non avesse mestieri di nulla.
Il caso non poteva favorire meglio di così il nostro innamorato.
Madonna Nicolosina era un occhio di sole, l’ho già detto a suo luogo. Bionda i capegli, bianca la carnagione e svelta della persona come Diana, forse al pari della divina cacciatrice aveva il cuore muto all’amore; all’amicizia non già, che questa è natural sentimento di un’anima buona, laddove quello è singolare portato, rarissimo fiore, nutrito di tutti i sensi più delicati e riposti, che solo un felice concorso d’inesplorati e inavvertiti nonnulla può far muovere d’improvviso e riardere in noi.
E buona era Nicolosina, onesta e sincera come un cavaliere senza macchia e senza paura. Ho detto come