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nente e lontano, e fatta così ampia, così validamente munita. I Finarini, che stavano spiando tutto ciò dalle loro beltresche e battifredi rizzati sui colli di rimpetto, in cominciavano a beffarsi di questo Fabio temporeggiatore, e delle sue fabbriche tanto lontane.

— Scenda, — dicevano essi, — venga alla prova sotto le mura di Castelfranco e vedrà se, scompigliato al primo urto, gli riesce di tornare in salvo su quella bicocca. —

E messer Pietro, la mattina del 14, bravamente discese. Santino da Riva, colle sue lancie, correva sulla sponda sinistra del torrente di Pia, per assicurare le spalle dell’esercito dalla imboscate nemiche. I quattrocento balestrieri di Genova calarono in bell’ordine sotto il comando di Nicola Fregoso, giovin cugino di Pietro, e s’avviarono verso la foce del torrente. Giunti ad un luogo coltivato, che avea nome di Vigna Donna, si fermarono, con gran meraviglia dei difensori di Castelfranco, che si aspettavano un assalto e stavano ai parapetti, pronti con verrettoni, sassi, e pece bollente, a respingerli. Questo per la difesa del castello; ma dietro ai saglienti dei bastioni c’era preparato dell’altro, per attaccar battaglia sul lido. Erano colà forse due mila Finarini appostati, che dovevano piombare sul nemico, a mala pena si fosse avventurato all’assalto.

Ma messer Pietro non volle pigliarsi la briga di andarli a cercare. Piantatosi a Vigna Donna, accennò di volervi attender battaglia, e, poichè questa non gli fu data, di volervi dormire. E giunse difatti la sera, senza che egli si fosse scostato di là. Il luogo doveva