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vano di là su tredici villate, che tutte dovevano concorrere all’incremento del capoluogo. Tra esse la Marina, come più prossima, aveva le molestie più gravi. I marchesi mettevano grosse multe a chi ardisse riparar case e murarne di nuove colà; ai forestieri intanto concedeano privilegi, esenzioni ed ogni maniera larghezze, purchè mettessero dimora nel Borgo. Donde appariva manifesto il timore di que’ castellani, che la gente non avesse a dilungarsi di troppo dalla loro vigilanza, e l’intento di cansare la sorte toccata ai loro consanguinei della marca di Savona, che questa nobil città e la fortissima terra di Noli avevano sullo scorcio del XII secolo malamente perdute. Già, popolo marinaro, popolo libero; la tirannia non attecchisce sulle spiagge; però non si sta molto ad ottenere consoli proprii e franchigie, in cui maturare ordini di libertà popolana. Ora, questo pericolo miravano a stornare i discendenti d’Antonio, tirando al Borgo il grosso dei vassalli e afforzando sempre più il castello sovrastante.

Dicevasi castel Gavone, con vocabolo di controversa etimologia. Altri lo deriva da giogo, come se anticamente si fosse detto Giovone, o Govone. Io ricordo che dicevasi gavone un ridotto delle nostre vecchie galee, posto sotto coperta, così da prora, come da poppa, e serviva per alloggio degli uffiziali e dei marinai, laddove le ciurme dormivano sotto i banchi di voga. E questo gavone marinaresco e il terrestre possono perciò derivarsi, con assai più verosimiglianza, dal cavum dei latini, nel significato di cavità custodita, murata, od altrimenti rinchiusa.

Altri, per avventura, nell’informe e disforme voca-