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— Non mi chieder nulla, zio; — rispose quell’altro. — Il Castelbianco mi aveva fatto da principio una gran paura. E adesso, poi, adesso che son vicino a ricogliere il fiato!... Se tu non fossi venuto quest’oggi, direi che è un giorno nefasto.
— Ma lui.... il conte....
— Corteggia le ballerine, le mime, le cavallerizze. Ha sessant’anni e tinge disperatamente. È una caricatura.
— Eh, l’ho veduto. E facendo ridere, il che è già brutto, va anche in rovina?
— Non lo credere; — rispose Arrigo. — È un suo vezzo di parlare così, un ticchio di gran signore. Ne ha spesi molti, in gioventù, ma ancora oggi può valere un paio di milioni. Ed è conte.
— Che cosa vuol dire?
— Vuol dire moltissimo, zio. Anzi, vedi, ti prego di non incocciarti nella tua democrazia, che fa a pugni col tuo casato. Qui il disprezzo dei titoli non è di moda. Chi ne ha uno lo inalbera; chi non l’ha lo inventa. I titoli nobiliari son tutto, perfino negli affari, ove