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nalmente un pastrano corto di panno chiaro, tra il verde oliva e il lionato.

Arrigo gli era andato incontro con molta premura.

— Conte, — diss’egli, — che fortuna è questa per me!

— Caro Valenti, — rispose quell’altro, con una vocina di chioccia infreddata e smozzicando l’erre, — dite il piacere di venire a vedervi. Ci trascurate un pochino, sapete? Speravo di vedervi a cavallo, quest’oggi, ma voi vi siete rintanato in casa, mio bel tenebroso! Perciò sono venuto a scovarvi, e devo a questa amichevole risoluzione la vista di un piedino meraviglioso. Finora, in parola d’onore, di piedini così belli non ne avevo veduto che in casa mia.

— Che dite mai, conte? — esclamò Arrigo, sconcertato dal paragone.

— Sì, proprio; — continuò il Ganimede; — se non avessi veduto che il piedino, avrei giurato che fosse quello di mia moglie. Ma la dama che ho veduta qui presso, in via Sallustiana, era vestita di color marrone. Ora