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— Auguriamogli del bene; — diss’egli poscia — noi non vogliamo la morte del peccatore, ma che si converta e viva. —
Happy, che era andato per il vino di Porto, rientrò nella camera per dire al signor Cesare:
— Illustrissimo, c’è di là il senatore Manfredi.
— Ah! — esclamò il Gonzaga.
— Ed è con lui la signorina sua figlia.
— Diavolo! Cioè, diciamo invece angioli santi! — riprese il Gonzaga, volgendo un’occhiata ad Arrigo. — E gli hai detto che c’è un ferito?
— Non gli ho detto nulla. Han chiesto di lei; ho risposto che venivo a chiamarla.
— Tu sei saggio, Happy, e un giorno o l’altro, se il tuo padrone permette, verrai a stare con me.
— Verrò a buona scuola, illustrissimo. —
Cesare Gonzaga fece un cenno affettuoso con la mano al nipote, e uscì dalla camera, per andare nel salotto. Il senatore Manfredi, che stava là, sempre in sull’ali, si gettò nelle braccia dell’amico. Gabriella era lì lì per imitare il babbo; ma Cesare Gonzaga, da buon