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— Son troppo pochi; si contenti di dieci. —
Il dottore e il barone di Santagata si erano allontanati dal letto, per rivoltare le bende e distendere un po’ d’unguento sulla pezza. Arrigo approfittò della loro lontananza, per accennare sottovoce allo zio quel che gli era avvenuto in casa Manfredi, e quindi a voce più alta per raccontargli brevemente il duello. Si erano battuti alle otto, nei pressi del ponte Nomentano; avevano sparato a quindici passi di distanza, e simultaneamente, al comando; il primo colpo era andato a vuoto; al secondo, Arrigo si era sentito tocco alla spalla, ma in pari tempo aveva veduto cader l’avversario; egli giurava, per altro, di aver lasciato andare il colpo senza toglier la mira.
— Ti credo, ti credo; — disse il Gonzaga. — È sempre così, con quell’arme sciocca. Se toglievate la mira, c’era da scommetter dieci contro uno che colpivate i padrini.
— Vedi, intanto, — riprese Arrigo, — che il conte Guidi non mi vogherà sul remo. —
Cesare Gonzaga si chinò un’altra volta a baciare il nipote.