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sciuto anch’egli al Gonzaga, ma certamente uno dei padrini di Arrigo.
Il ferito riconobbe lo zio al passo frettoloso, e gli diede il buon giorno, senza voltarsi.
— Non è niente, sai! — aggiunse tosto, per calmare la sua inquietudine.
— Ti presento il dottor Mori e il barone di Santagata. Signori, mio zio, il marchese Gonzaga. —
Il dottore e il barone fecero un inchino. Cesare Gonzaga corse dall’altra sponda del letto, per vedere in volto il nipote.
— Zio, mi perdoni? — disse Arrigo.
— Che perdonare? Ti adoro; — rispose il Gonzaga, baciandolo sulla fronte. — Ma non ti affaticare coi discorsi, te ne prego.
— Che! Non soffro punto; — replicò il ferito. — Dottore, ditelo voi a mio zio, che posso parlare senza pericolo.
— Sì, può parlare, per ora, ma moderatamente; — rispose il dottore. — Non c’è febbre ancora, e forse non verrà prima di sera. Bisognerà dargli piuttosto qualche cosa che lo rinvigorisca; un po’ di cognac, un bicchierino di Marsala....