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— È rientrato? — chiese egli al servitore, anche prima di metter piede sulla soglia di casa.
— Sì, illustrissimo; — rispose Happy con un accento dimesso e con una cera da funerale.
— Che c’è? — gridò il Gonzaga, profondamente scosso.
— Ferito; — replicò il servitore.
— Che hai detto?
— Il signor cavaliere ha avuto un duello.
— Ah, il mio sogno! — esclamò Cesare Gonzaga. — E con chi?
— Col conte Guidi, che è in fin di vita, con una palla nel petto, e perciò penetrante in cavità. —
Il Gonzaga non istette a sentir altro, e corse nella camera del nipote.
Arrigo Valenti era coricato sul letto, ancora mezzo vestito, e voltato sul fianco. La camicia si vedeva aperta sulla spalla destra a colpi di forbice. Il dottore stava a capo chino presso di lui, in atto di medicar la ferita; e vicino al seguace d’Esculapio era un signore, scono-