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dato. E tutti, vicini e lontani, parevano aver gli occhi su lui. Si accostò allora ad una tavola, prese un giornale illustrato, e fece le viste di leggere. Aveva finalmente trovato un atteggiamento; non faceva più la figura dell’uomo impacciato, abbandonato, sfuggito da tutti, che è tanto ridicola in mezzo alla gente, a quella gente tutta composta di prossimo nostro, e perciò così pronta ad avvedersi delle nostre angustie e a farne argomento di beffe. Là ritto alla sponda della tavola, col suo giornale tra mani, un giornale su cui teneva gli occhi e non vedeva una sillaba, udiva dietro di sè le voci dei cavalieri e le risa della contessa di Castelbianco, risa frequenti ed alte, ma troppo asciutte, e certamente poco sincere. Comunque fossero, beata lei, che poteva ridere ancora! Quella ilarità continuata, che a volte tradiva lo sforzo, era sempre una gran cosa, al confronto di quella confusione che teneva lui in disparte, solitario, con un giornale in mano, come un uomo che fosse andato in società non per altro che per vedersi lasciato in un angolo.