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colpa a te di un rifiuto, che distruggerebbe tutte le mie più care speranze. Ma è certo del pari che non rimarrei a Roma un giorno di più. —
La contessa Giovanna si avvicinava, e i due amici troncarono subitamente il discorso, disponendosi con viso lieto a riceverla.
— Di che stanno parlando con tanto calore? — domandò la contessa. — Di politica, m’immagino. È la nostra capitale nemica, la politica.
— No, contessa; — rispose il Manfredi. — Proprio in questo momento parlavamo di gioventù. E questa è nemica nostra, perchè da troppo tempo ci ha abbandonato. Cioè, dico male, ha abbandonato me, non il mio amico Gonzaga, che è sempre un fior di giovanotto.
— Lo pensavo per l’appunto, guardandolo; — ripigliò la contessa. — Ma non glielo dirò, perchè sono in collera con lui.
— Signora, e perchè? — disse il Gonzaga.
— Perchè mi ha veduta, e non è ancor venuto a stringermi la mano.
— Signora, mi perdoni; c’erano tanti all’a-