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discorso, si chiuse nella sua severità di dea scorrucciata, e l’imprudente assalitore levò tosto l’assedio.

Due amici lo presero subito in mezzo, per chiedergli notizie di una quistione d’onore nella quale egli era mescolato come arbitro. Dovete sapere che il conte era una specie di Possevino, versatissimo in materia cavalleresca, padrino nato di tutti i duelli fatti e da farsi. Irritato com’era in quel punto, avrebbe volentieri parlato di affettar mezzo mondo e d’infilzare l’altra metà; ma la quistione di quel giorno era invece finita con un verbale ed una stretta di mano, e perciò il conte Guidi dovette restringersi a spiegare quel lieto fine, da lui stesso consigliato, poichè si trattava di due figli di famiglia e a lui non piaceva d’incorrere nello sdegno delle mamme. Così discorrendo, era giunto all’ingresso della sala di lettura, dove il conte di Castelbianco gli si avvicinò e prese parte alla conversazione cavalleresca. Prendeva parte a tutte le cose dei giovani, il giovane conte Pompeo!

Anche il Manfredi entrava da un altro lato: