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e si dànno con lui in gradito spettacolo alla ammirazione dei figli.
Di Cesare Gonzaga, nelle sue prime relazioni coi Manfredi, noi sappiamo ancora troppo poco. Gabriella non ne sapeva quasi nulla; ma lo aveva sentito citar sempre come un eroe, e quell’eroe, che ella vedeva finalmente, corrispondeva nell’aspetto e nei modi al tipo ch’ella, fin da bambina, se ne era foggiata nell’anima. Egli era anche bello di una forte bellezza, e perfino quei capegli grigi tagliati corti, tirati indietro alla soldatesca, non riescivano a farlo parer vecchio, poichè il bronzeo color della pelle, prendendo risalto da essi, mostrava la pienezza e la maestà della forza. Gli occhi di Cesare Gonzaga, azzurri nella pupilla, biancheggiavano vivaci nel globo, con riflessi e luccicori di madreperla. A guardarli, ci si vedeva la dolcezza e la serenità di un bambino; ma quando li girava intorno, luminosi, iridescenti sul fosco della carnagione, parevano metter faville, ed erano gli occhi di un forte. Gabriella Manfredi ne fu soggiogata. La bontà nella forza