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ciava a muover le gambe; bisognava abbandonarsi al vortice, descrivere le curve più violente e più rapide, trattenuti e lanciati ad un tempo da un polso d’acciaio, girando come un eccentrico sopra un asse ideale di rotazione, e fuori del centro di figura. Ricordi matematici, andate via! Il ballerino condusse la signorina Manfredi dov’ella voleva, allargò il braccio, fece un inchino, e via anche lui, mentre la fanciulla, resogli il saluto con un cenno del capo, riprendeva il braccio di Cesare Gonzaga.

— L’avete veramente conquistata! — notò la contessa di Castelbianco, che passava allora, al braccio del conte Guidi.

— Come vedete, contessa; — rispose il Gonzaga, accogliendo con un sorriso la celia garbata. — E son venuto di lontano assai, come tutti i grandi conquistatori. —

Cinque minuti dopo, una grande notizia si spandeva per tutto quel piccolo mondo di dame frivole e di cavalierini leggieri. Il ballerino ne aveva buttato là il germe, il nocciolo, l’embrione, senza dare importanza alla cosa, più per vezzo di chiacchiera che per