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per il dramma della vecchia scuola, dove erano nobili i sentimenti, alti i caratteri, e schietta e di gran vena la poesia. Di lì al teatro dello Schiller non c’era che un passo, e il conte Guidi trovò facilmente il modo di attaccare una conversazione non frivola, da non finir così presto, e da permettergli anche di prender posto accanto alla Manfredi.
I soliti frequentatori di casa Castelbianco erano quasi tutti arrivati, quando il conte Pompeo si avvicinò alla moglie, accompagnandone tre nuovi, Arrigo Valenti, Orazio Ceprani e un signore dai baffi grigi, ch’ella non conosceva ancora.
— Mia cara, — incominciò il conte, — sono felice di presentarvi Cesare Gonzaga, lo zio del nostro Valenti.
— È una vera fortuna per noi di conoscere un uomo come lei; — disse a sua volta la contessa. — Si è già tanto parlato, in casa mia, del marchese Gonzaga!
— E mi accadrà, contessa, — rispose il nuovo venuto, — di non corrispondere a tanta gentile aspettazione. Così è, signora; — pro-