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II. PREFAZIONI ALLE TRAGEDIE DI PIER CORNELIO | 53 |
espressioni agguagliano le sue: non per questa ragione, dico, il Cornelio francese non si dee cercare nel Cornelio italiano, ma sibbene perché alla mia traduzione manca la rima, la quale dà risalto e magnificenza e grazia e forza e tutto quello che si può desiderare al mio originale.
Di due altre sorte di tragedie oltre a quelle del Metastasio noi abbiamo, come dissi. Le une in prosa schietta, e di queste non occorre perdere il tempo a parlare, poiché il teatro vuole il verso e sempre l’ha voluto tanto negli antichi quanto ne’ moderni tempi. L’altra sorte è in verso endecasillabo sciolto o in verso alternamente settesillabo ed endecasillabo sciolto misto a capriccio. Di queste, poche n’ho visto aver fortuna e tanto poche che si potrebbono per avventura sulle dita d’una mano senza passar all’altra numerare; e queste, tutte d’autori de’ tempi nostri, cioè del sapientissimo abate Conti, patrizio di quest’inclita repubblica e principalissimo ornamento della letteratura italiana, del celebre marchese Maffei e del rinomato Lazzarini morto pochi anni sono. Moltissime altre di antichi e di moderni italiani, proposte per modello ed alzate sino al terzo cielo da alcuni uomini che sono creduti e che credo anch’io pienissimi di dottrina, e spezialmente di greco, sono solamente lette; ma in teatro non si sono viste da noi né, m’imagino io, si vedranno mai da’ nostri discendenti. La Sofonisba del Trissino, il Torrismondo del Tasso e le altre del teatro italiano del menzionato marchese Maffei, quelle del dottissimo Gravina, quelle del Salio e molte e molte altre non si sa che sieno al mondo se non da qualcuno che si spaccia letterato, e massimamente quelle del Gravina e del Salio sono andate tanto in disuso ed hanno avuta la sorte sì contraria, che io non credo che si sieno stampate più d’una volta. Eppure vi è chi pretende che sieno capi d’opera fatti con tutti gl’ingredienti di messer Aristotile, avendo sino i loro inutilissimi cori alla greca, e non mi ricordo bene se abbiano le loro belle e buone strofe e le antistrofe e l’epodo; ma basta che le sono alla greca, e sofocliche ed euripidiche spaventevolmente. Tuttavia quelle benedette antistrofe, quegli epodi se mai avessero coraggio di mostrarsi sulle nostre scene, non varrebbe loro