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48 PREFAZIONI E POLEMICHE

come mi accorgo che questa va diventando, non è ella cosa ridicola il sentire degl’italiani magistralmente decidere che il teatro francese, non che superiore, non è eguale, anzi molto è inferiore all’italiano? che noi abbiamo delle tragedie e delle commedie in quantità da preferirsi anche alle più belle di Pier Cornelio e di Molière? Io sono italiano ed amatore miracoloso de’ Danti, degli Ariosti, de’ Berni e di tutti i nostri eccellenti scrittori d’ogni genere, né fui mai degno di essere ascritto fra quella buona gente alla quale tutto pute di rancido se non viene di Francia; ma tuttavia che l’Italia abbia prodotto un Cornelio, un Molière, oh questa la non mi è potuta entrar mai. Che diascane, che certuni non si vergognino di preferire le commedie del Cecchi a quelle di Molière, se l’autor francese è letto ed applaudito fra di noi, cioè fra gente che ha altra lingua ed altri costumi; che per lo contrario il Cecchi pochissimo dai nostri più eruditi e nulla affatto dagli stranieri si legge? Molière gli è un secolo omai che va pe’ teatri di Francia e di alcune regioni d’Italia e d’altrove nella sua stessa lingua, e non c’è galantuomo studioso italiano che non lo abbia fra i suoi libri; che il buon messer Cecchi, chi lo vuole, bisogna lo vada cercando col lumicino su per gli scaffali delle più compiute italiane librerie. E dopo una prova di questa sorte, ancora si vorrà dire che il nostro comico fiorentino sia da preferirsi al francese? Ma salta qui nel cerchio un dottore in latino, e mi dice che il Cecchi è un Terenzio bello e sputato e che perciò è da preferirsi a Molière o almeno da eguagliarsi a lui. Ma, padron mio, a che rompermi il capo con questa erudizione? Traducile in latino quelle commedie del Cecchi e mandale nell’altro mondo agli antichi romani, che se le faranno recitare da Roscio e da Citeride e dagli altri istrioni loro e ne avranno un gusto matto; ma io per oggi sono di questo mondo di qua, e in questo mondo di qua le cose che erano belle a’ tempi di Terenzio e di Plauto nessuno s’arrischia a farle vedere in teatro, ed a quelle commedie che non servono per diletto ed ammaestramento del pubblico io sono umilissimo schiavo e non so che me ne fare, poiché non hanno la lor dote principale che è quella di piacere ai dotti